
(AGENPARL) – Roma, venerdì, 24 gennaio 2020 – In Giappone, presso un antico tempio buddista di 400 anni di nome Kodai-ji a Kyoto, i visitatori possono assaporare pacificamente una tazza di tè e contemporaneamente ascoltare, gli insegnamenti buddisti professati da un insolito sacerdote: un androide di nome Mindar . Questo robot ha un volto pacifico e l’ aspetto neutro, al di là della pelle sintetica seppur realistica che copre la testa e la parte superiore del busto, è volutamente incompiuto, infatti sono visibili tubi e macchinari. Mindar, questo è un oggetto piuttosto sofisticato, un’intelligenza artificiale superiore.
Il Giappone è noto, come nazione che costruisce e assembla robot umanoidi più di chiunque altro paese al mondo. La religione del paese, lo shintoismo, può farci capire la passione per i robot, infatti lo shintoismo, è una forma di animismo che attribuisce spiriti, o kami , non solo agli umani ma anche agli oggetti, cose e agli animali, alle caratteristiche naturali come le montagne. Secondo questa religione di natura politeista e animista, non esiste una distinzione categorica tra esseri umani, animali e oggetti, quindi non è così strano per un robot possa mostrare comportamenti simili all’uomo. Le tradizioni filosofiche occidentali non accettano questa idea. Gli antichi greci erano animisti e pensavano che gli spiriti abitassero luoghi naturali ma credevano che anima e mente umana fossero entità distinte e superiori rispetto al resto della natura. Le religioni abramitiche pongono gli uomini al di sopra di tutto, essi sono considerati come la più grande creazione di Dio, dotati di anima immortale. Gli antichi israeliti furono severamente messi in guardia da Mosè, che riportando il volere divino considerò peccato mortale imputare l’anima agli oggetti e per timore che si sviluppassero culti per gli idoli. La stessa religione Islamica avversa l’idolatria e vieta qualsiasi raffigurazione o immagine di esseri umani o animali o Dio. I ricercatori affermano, che la visione positiva della tecnologia nella cultura Giapponese, verso i robot sarebbe soprattutto di natura socioeconomica e storica e non religiosa e filosofica. In seguito alla sconfitta della seconda guerra mondiale, il Giappone cercò di sviluppare moderne tecnologie, per ricostruire la sua economia, e la sua immagine.
“Negli anni sessanta i robot industriali hanno avuto un ruolo importante nel rilancio economico del Giappone che ha scelto la via dell’ automazione, contribuendo a risolvere il problema della carenza di manodopera utilizzando macchine al posto di uomini, contrastando l’ idea di introdurre molti immigrati per sopperire alla mancanza di forza lavoro. Con l’ automazione delle proprie linee di produzione, l’efficienza nella produzione, il Giappone è diventato un importantissimo esportatore di robot industriali in tutto il mondo. Tra i vari esempi di creazione robotica abbiamo Pepper un robot semi-umanoide progettato per “leggere le emozioni” con diverse applicazioni nel settore dei servizi e della vendita al dettaglio. Nel 1649, i sovrani militari del Giappone proibirono l’uso della tecnologia per sviluppare nuove armi, impedendo così l’ascesa dei nemici, gli artigiani si sono concentrati su creazioni, come bambole meccaniche che si esibivano nei teatri e marionette, che servivano il vero tè. Il Giappone finalmente due secoli dopo, ha ripreso contatti con l’estero proprio per merito di abili sviluppatori di giocattoli che hanno aperto la strada per l’ adattamento della tecnologia occidentale, per usi più pratici. Nel 1875, ad esempio, il produttore di bambole Tanaka Hisashige fondò Tanaka Seisakusho (Tanaka Engineering Works), la prima azienda giapponese di ingegneria meccanica; 64 anni dopo, dopo un’importante fusione, divenne noto con il nome più familiare di Toshiba. Quando Masahiro Mori, il ricercatore che coniò il termine “valle misteriosa” e noto ricercatore di robotica, iniziò a fare ricerche sui robot negli anni ’70, venne considerato un visionario. “A quei tempi, la gente non pensava che le università avrebbero dovuto fare ricerche sui robot”. “Pensavano che fosse frivolo lavorare su un” giocattolo “. Il Giappone dopo aver perso la seconda guerra mondiale, era stato costretto a smilitarizzare il proprio territorio, durante l’occupazione americana.
L’Occidente, non ha una visione ottimistica dei robot. Gli Stati Uniti, preoccupati per la Guerra Fredda, investono fondi nella robotica prevalentemente per uso militare. In Occidente già due secoli fà si pensava a creare macchine per coadiuvare il lavoro umano, almeno fino a quando i Ludditi, un movimento di protesta operaia sviluppatosi all’inizio del XIX secolo in Inghilterra, si ribellarono e distrussero le macchine tessili. Uno dei personaggi giapponesi più influenti di questo tempo fu Astro Boy, che fu introdotto nei fumetti manga nel 1952 per instillare nella mente dei giovani giapponesi, il sogno della creazione di nuove e più utili intelligenze artificiali. Astro Boy appare nei libri, programmi TV, film ed una vasta gamma di prodotti come action figure e carte collezionabili. Si tratta di un androide che usa i suoi poteri sovrumani per il bene, trasmettendo un messaggio positivo sulla tecnologia robotica giapponese. Questo personaggio, ha trasmesso un sogno ad un’intera generazione di giapponesi e molti giovani creatori oggi ne sono stati influenzati. Fin dal liceo, hanno sognato Astro Boy e sono diventati degli ingegneri o scienziati, robotici grazie a lui. L’Occidente non racconta spesso storie positive sui robot, anzi è il contrario. Nel film Odissea nello Spazio del il sistema informatico Hal che è un’intelligenza artificiale si ribella, ed uccide molti dei membri dell’equipaggio dell’ astronave. In Androids Dream of Electric Sheep che con un fortunato adattamento cinematografico creò il personaggio di Blade Runner, gli umanoidi si ribellano contro la schivitù, fino a quando non vengono cacciati e uccisi. In Terminator, la rete di difesa del computer SkyNet acquisisce consapevolezza di sé, gli umani cercano di spegnerlo e SkyNet utilizza androidi, per condurre con successo la guerra contro gli esseri umani.
Il Giappone ha una visione del tutto ottimistica sul potenziale uso dei robot nella vita di tutti i giorni, infatti svariati sono i progetti per creare entità per compensare la carenza di manodopera e gestire compiti, come prendersi cura della popolazione anziana in rapida crescita nel paese. In base alla tecnologia attualmente disponibile, gli ingegneri che lavorano su robot per l’assistenza agli anziani si stanno concentrando, sulla realizzazione di dispositivi facili da utilizzare nelle strutture di assistenza e ospedali.