(AGENPARL) – L’Unione europea ha concesso al Regno Unito una breve proroga per concludere l’accordo sulla Brexit. Come sappiamo dovrebbe lasciare il 29 marzo ma non è stato ancora raggiunto l’accordo, dopo due votazioni.
L’Unione europea ha concordato giovedì di concedere al Regno Unito una breve estensione per concludere un accordo sulla Brexit.
La Gran Bretagna rimarrà uno stato membro fino al 12 aprile se il Parlamento boccerà nuovamente la strategia del Primo Ministro Theresa May, cosa che ha già fatto per ben due volte.
Se, al contrario, il Parlamento approverà l’accordo la prossima settimana, il Regno Unito può lasciare l’Unione Europea il 22 maggio.
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk con un tweet ha dichiarato i leader dell’UE27 hano preso atto della lettera del primo ministro Theresa May del 20 marzo 2019, in cui aveva chiesto di ritardare la Brexit fino al 30 giugno 2019. Hanno offerto una proroga fino al 22 maggio 2019 . Sarà concesso se il Parlamento del Regno Unito approva l’accordo di ritiro la settimana prossima. In caso contrario, i leader dell’UE accettano di ritardare la Brexit fino al 12 aprile 2019 , in attesa che il Regno Unito “indichi una via da seguire prima di questa data”.
“Il Consiglio europeo ribadisce che non è possibile aprire l’accordo di ritiro concordato tra l’Unione e il Regno Unito nel novembre 2018.” I leader dell’UE27 hanno sottolineato che qualsiasi impegno unilaterale, dichiarazione o altro atto dovrebbe essere compatibile con la lettera e lo spirito dell’accordo di ritiro. Hanno chiesto che il lavoro continui sulla preparazione e sull’impegno a tutti i livelli per le conseguenze del ritiro del Regno Unito, tenendo conto di tutti i possibili risultati.
Il Consiglio europeo (articolo 50) ha inoltre approvato lo strumento relativo all’accordo di ritiro e la dichiarazione congiunta che integra la dichiarazione politica concordata tra la Commissione europea e il governo del Regno Unito a Strasburgo l’11 marzo 2019.
Vediamo un attimo le conseguenze della decisione del popolo britannico di lasciare l’Unione Europea proprio nei giorni in cui ricorrono i 25 anni della nascita dello spazio economico europeo.
Sempre Tusk ha infatti con un tweet ricordato questo evento “Oggi celebriamo il 25 ° compleanno dello spazio economico europeo. Una partnership A lungo termine in cui tutti contribuiscono e beneficiano. Con il nazionalismo risorgente e le tensioni geopolitiche, #EEA è fermamente dalla parte della saggezza, dello stato di diritto, della cooperazione e dell’integrazione più profonda tra le nostre nazioni”.
Segnerà la fine della potenza mondiale della Grab Bretagna come qualcuno ha sostenuto sul’autorevole quotidiano del Washington Post il 14 marzo scorso e diventerà come sostiene Fareed Zakaria una moderna ‘Repubblica delle banane’?.
Basta rileggere la storia inglese e dai tempi di Cromwell fino al 1914 la strategia militare inglese era guidata da una prudente politica estera nei confronti del continente. In numerose guerre con la Francia e la Spagna, la Gran Bretagna si affidò alle potenze germanofone e nel 1812 ai russi per supportare il fardello della guerra in europa. Nel frattempo la potenza navale inglese crescere rifornendo agli amici della Gran Bretagna e nel contempo bloccava i nemici della Britannia. La storia e quindi la lezione era chiara: a meno che la Gran Bretagna non fosse minacciata direttamente ed attaccata Londra aveva evitato la guerra in continente.
L’inizio della prima guerra mondiale e poi della seconda, segna la fine di questa politica estera molto ponderata. Infatti, alcuni storici come Niall Ferguson in The Pity of War nessuno in Gran Bretagna sentiva la necessitò di combattere a fianco della Francia contro la Germania (ricordiamo che stiamo parlando di anglo-sassoni), tuttavia solo con il crescente sostegno pubblico all’interventismo l’Inghilterra decide di entrare nel primo conflitto, anche se erano impreparati. La grande guerra svuotò il tesoro britannico e la seconda guerra mondiale completò il declino dell’impero.
Sono state quindi le due guerre mondiali non la Brexit a distruggere il potere inglese.
E forse la Brexit potrebbe benissimo segnare il ritorno a una politica estera indipendente che nel 1900 probabilmente fece della Gran Bretagna la più ricca potenza del mondo.
Da non sottovalutare l’offerta fatta dal Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, a luglio dello scorso anno, cioè un accordo di libero scambio al primo ministro Theresa May.
Un accordo che potrebbe facilmente espandersi nel Regno Unito includendo Norvegia, Islanda, Groenlandia, Canada e Giappone come base per una nuova zona di libero scambio dell’Atlantico del Nord resa possibile dalla comparsa di un passaggio senza ghiaccio attraverso l’Oceano artico precedentemente inaccessibile. Il commercio transatlantico costituisce l’economia globale nel suo insieme e l’emergere di questo passaggio artico promette di essere almeno altrettanto importante della deviazione del commercio verso l’Atlantico dal Mediterraneo nel 1492 dopo che Colombo ha raggiunto l’emisfero occidentale.
Ora la domanda centrale non è come gli Stati Uniti possano riesumare la Gran Bretagna ma come costruire la prosperità in un mondo radicalmente mutato dove la Cina e le altre potenze emergenti vengono trattate come concorrenti economici e non come nemici in una guerra futura.
A differenza di Londra e Parigi che possono contare sull’aiuto statunitense, Washington non può rivolgersi ad un’altra superpotenza per il finanziamento e l’assistenza militare che gli Stati Uniti avrebbero bisogno in caso di guerra contro un’altra potenza.
E’ chiaro che gli Stati Uniti cercheranno di difendersi e di evitare il coinvolgimento in conflitti puramente locali che non interferiscono con l’interesse nazionale degli Stati Uniti. Saranno molto attendi gli americani a non far emergere alcun singolo blocco o impero nel continente euroasiatico e questa è la sottile linea che dovrà essere rispettata anche dai potenziali avversari, altrimenti……