(AGENPARL) - Roma, 9 Dicembre 2025(AGENPARL) – Tue 09 December 2025 COMUNICATO STAMPA
Dall’Università Ca’ Foscari un contributo per valorizzazione dei reperti del
Museo archeologico nazionale di Venezia
COMUNICARE L’ANTICO, UN PROGETTO CON FONDI PNRR CHE DECODIFICA LE STORIE DEL PASSATO PER PARLARE AL PRESENTE
Pillole audio guideranno i visitatori alla scoperta di iscrizioni greche e latine, statue, rilievi
VENEZIA – Dalla collaborazione tra l’Università Ca’ Foscari Venezia (progetto CHANGES Spoke 1) e i Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna nasce una splendida opportunità di valorizzazione delle collezioni epigrafiche e archeologiche classiche ospitate presso il Museo archeologico nazionale di Venezia, al servizio dei visitatori.
Martedì 9 dicembre alle ore 11.30 è stato presentato il progetto "Comunicare l’antico: realizzazione di supporti multimediali per la valorizzazione dei reperti del Museo archeologico nazionale di Venezia", alla presenza della direttrice dei Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna, Marianna Bressan, di Francesca Rohr, docente di storia romana dell’Università Ca’ Foscari Venezia e coordinatrice del progetto, di Carlo Beltrame, docente di archeologia marittima dell’Università Ca’ Foscari e coordinator dello Spoke 1 di CHANGES – Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society, di Luigi Sperti, docente di archeologia classica dell’Università Ca’ Foscari e consulente scientifico del progetto e di Sabrina Pesce ed Eleonora Del Pozzo, assegniste di ricerca specialiste di Epigrafia latina e Archeologia classica.
Il progetto, che utilizza fondi PNRR, ha l’obiettivo di consentire una più agevole fruizione, oltre che agli specialisti, anche a studenti, appassionati, turisti di diversa provenienza e formazione, dell’eccezionale patrimonio archeologico/storico artistico di un Museo fondamentale per conoscere sia il mondo classico sia la storia di Venezia e il particolare della storia più antica della laguna e del collezionismo, che l’ha resa punto di riferimento culturale in Europa.
Sono stati così realizzati dei contributi audio che accompagnano il visitatore, delle pillole dai 2 ai 4 minuti, accessibili attraverso il proprio smartphone inquadrando un qrcode, che per una ventina di pezzi – iscrizioni greche e latine, statue, rilievi individuati dalla direzione del Museo archeologico – illustrano il reperto e permettono anche un secondo livello di approfondimento sulla storia politica, sociale, culturale del mondo antico, della Laguna e del collezionismo veneziano. E’ un servizio offerto gratuitamente al visitatore, in lingua italiana e inglese, di cui si può usufruire grazie a una scheda disponibile agli accessi del Museo – sia quello del Cortile dell’Agrippa che quello dal Museo Correr – che segnala i reperti corredati da audioguida.
Il progetto mette in campo competenze scientifiche e tecniche dell’Università Ca’ Foscari per lo studio dei reperti e la stesura dei testi, che coniugano il rigore scientifico dei contenuti con un linguaggio adatto all’alta divulgazione. La registrazione degli audio è stata affidata ad un attore teatrale professionista e per la versione inglese ad un professionista madrelingua, mentre altri professionisti hanno curato il montaggio audio e video e la realizzazione dei qrcode.
“Il Museo archeologico nazionale di Venezia è sempre più un luogo vivo, che cerca il dialogo con i cittadini e i visitatori di Venezia”, afferma Marianna Bressan, direttrice dei Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna. “La collaborazione con l’Università Ca’ Foscari è ormai attiva da anni per quanto riguarda gli scavi all’interno del Parco archeologico di Altino, anch’esso parte dei Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna; questo progetto si inserisce in una visione più ampia di rinnovamento del Museo archeologico, che abbiamo iniziato ad attuare la scorsa primavera con la riapertura del Cortile dell’Agrippa e che interesserà nei prossimi mesi gli altri spazi del Museo e la proposta di attività culturali”.
“Questo progetto – dichiara Francesca Rohr, coordinatrice del progetto – rappresenta un caso di solida e proficua collaborazione tra Università e Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna, nell’utilizzo virtuoso dei finanziamenti PNRR: rende fruibile alla società civile nazionale e internazionale e quindi mette a sua disposizione un patrimonio di straordinario rilievo culturale ma in alcuni casi di complessa decodificazione per un pubblico di non specialisti, restituendo questi reperti alla loro originaria funzione comunicativa e offrendo al visitatore l’opportunità per avvicinare, loro tramite, storie di un passato che è lontano ma parla ancora al nostro presente”
Il progetto si inserisce in un più ampio lavoro del Museo archeologico nazionale di Venezia sui suoi spazi e sulla fruibilità al pubblico. Nato dalle generose donazioni del patriziato Veneziano alla Serenissima, a partire da quella di Domenico Grimani a cui fece seguito la donazione del nipote Giovanni nel tardo Cinquecento, il Museo fu una delle prime raccolte pubbliche di arte antica che divenne, poi, Museo grazie al lavoro di Carlo Anti, illustre classicista, professore di Archeologia e in seguito Rettore dell’Università di Padova, negli ’20 del Novecento. Il Museo archeologico nazionale di Venezia racconta, quindi, un processo di coinvolgimento attivo del patriziato veneziano nel rafforzamento del prestigio dello Stato, testimone del desiderio di associare a Venezia una tradizione storica che, pur non facendo parte della sua fondazione, potesse legittimarla come potenza culturale, politica e militare.
Con la creazione, nel maggio 2024, dei Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna il Museo archeologico di Venezia entra a far parte di un istituto autonomo del Ministero della cultura, che comprende anche il Museo di Palazzo Grimani, il Parco archeologico di Altino e il futuro Museo archeologico nazionale della laguna di Venezia, previsto sull’isola del Lazzaretto vecchio. L’istituto ha lo scopo di riorganizzazione e valorizzazione del patrimonio archeologico di Venezia, integrando le diverse sfaccettature dell’identità e della storia del territorio veneziano. Il Museo archeologico, a partire da maggio 2025, ha avviato un importante processo di riallestimento che ha avuto inizio con la riapertura del Cortile dell’Agrippa su piazzetta San Marco, restituendo il percorso di visita nell’ordine originario voluto tra il 1924 e il 1926 da Carlo Anti, una lettura cronologica dell’arte greca e romana attraverso la scultura, dal V sec. a.C. alla tarda età imperiale.
Un esempio emblematico: stele funeraria di Sokratea di Paro
È una delle storie in cui ci si può imbattere ed è un testo davvero commovente. L’iscrizione, infatti, articolata in nove distici elegìaci, riporta il dialogo tra la defunta, Sokratea, e un passante. Nelle prime righe Sokratea si presenta, raccontando al viandante la propria storia. Figlia di Nicandro, nacque a Paro, isola greca nel Mar Egeo. Lasciata la casa paterna, sposò Parmenione, con il quale ebbe due figli. All’età di 36 anni, però, il fato crudele le tolse la vita. Morì per una forte emorragia, tentando di dare alla luce il figlio terzogènito, il quale rimase nel suo grembo per sempre.
Il passante, rattristato dalle parole di Sokratea, prega Persefone, regina dell’oltretomba, affinché conduca benevolmente la defunta nell’aldilà. L’epigramma si conclude con le parole di Sokratea, la quale chiede alla divinità di essere ben disposta nei confronti di coloro che si fermano a rivolgerle un saluto. L’ultima riga, incisa con caratteri minori, riporta il nome del poeta: Dionysios di Magnesia.
Trasportata dalla Grecia a Venezia prima del 1565 dal filologo Michele Sofiano, l’iscrizione subì una sorte piuttosto curiosa. Divisa in due parti, confluì nella raccolta antiquaria di Giovanni Grimani, il quale donò una delle due metà allo Statuario Pubblico della Serenissima.
L’altro pezzo, invece, rimase a Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, dove lo vide nel Settecento l’erudito veronese Scipione Maffei. Essendosi accorto che i due frammenti appartenevano allo stesso monumento, nel secolo successivo anche la metà restante venne donata al Museo Archeologico di Venezia.
Ancor oggi, una frattura che percorre verticalmente la stele ne testimonia la vicenda conservativa.
La datazione, basata sugli elementi paleografici (ovvero sullo studio della scrittura), è ascrivibile al II secolo d.C.
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