(AGENPARL) – ven 22 settembre 2023 SANITÀ, NURSING UP DE PALMA: QUASI IL 70% DEGLI INFERMIERI SOFFRE DI
DISTURBI DEL SONNO O DI PALESI PROBLEMI NEL TENTATIVO DI ADDORMENTARSI.
LO RIVELA L’AUTOREVOLE INCHIESTA DELLA NORTHUMBRIA UNIVERSITY DI
NEWCASTLE.
_L’IMPATTO DELLA PRIVAZIONE DEL SONNO SUGLI INFERMIERI VA CONSIDERATA
UNA VERA E PROPRIA PIAGA SOCIALE CHE LE POLITICHE SANITARIE NON POSSONO
IGNORARE E LE CUI CONSEGUENZE RICADONO SULLA SALUTE DEI PROFESSIONISTI E
SU QUELLA DEI PAZIENTI»._
ROMA 22 SET 2023 – «Un’autorevole inchiesta condotta dalla Northumbria
University di Newcastle, coordinata dal locale dipartimento di
psicologia, rivela come, in assoluto, quella degli infermieri, sia tra
le professioni che soffre maggiormente di gravi disturbi legati
all’insonnia.
II costante aumento delle responsabilità in ambito assistenziale, legato
a una crescita dell’autonomia al servizio della tutela della salute del
paziente, non fanno certamente il paio, in molti paesi europei, e
l’Italia non è certo esente da disagi del genere, con una organizzazione
sanitaria degna di tal nome, le cui lacune colpiscono come un boomerang
i nostri operatori sanitari.
Gli infermieri pagano lo scotto di una professione che, non smetteremo
mai di dirlo, è assolutamente da considerare usurante, che lascia poco
spazio alla vita personale e agli affetti familiari, e che spesso, come
accaduto durante il Covid, mette viso a viso con la morte i nostri
professionisti.
Il report dell’università britannica evidenzia come, senza mezzi
termini, gli orari lunghi e irregolari di lavoro di molti infermieri,
combinati con le esigenze fisiche ed emotive del lavoro, possono rendere
difficile per gli infermieri stessi non solo il dormire in se stesso, ma
il poter contare su una qualità del sonno indispensabile per rimanere
vigili e concentrati, soprattutto per recuperare dallo stress psico
fisico dei turni massacranti dei lunghi orari notturni accumulati.
La privazione del sonno, per gli infermieri, va considerata una vera e
propria piaga sociale che le politiche sanitarie non possono ignorare,
poiché siamo di fronte ad una professione che richiede di essere vigili
e attenti per lunghi periodi di tempo, spesso, come detto con poche
opportunità di riposo o recupero.
Le prestazioni sono stabili durante un normale giorno di veglia di 16
ore, ma diminuiscono precipitosamente quando la veglia si estende fino
alla notte.
Questo è il motivo per cui durante i turni di notte gli infermieri
corrono il rischio di affaticamento mentale, cali di attenzione, sbalzi
di umore e soprattutto aumento degli errori, che ricadono naturalmente
sulla qualità delle prestazioni sanitarie offerte ai pazienti.
I numeri legati all’insonnia degli infermieri sono davvero allarmanti,
esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
L’indagine rivela che quasi il 70% degli infermieri ne è interessato.
Ciò può avere gravi conseguenze per il benessere stesso degli infermieri
e per la sicurezza dei pazienti, poiché gli individui privati del sonno
sono più inclini a commettere errori e sono meno capaci di pensare e
reagire rapidamente in caso di emergenza.
Il sonno è essenziale per la salute e il benessere generale delle
persone, soprattutto per coloro che svolgono professioni ad alto stress,
fisicamente impegnative come quella infermieristica, e sottoposte a un
carico di responsabilità elevato.
A soffrire maggiormente di problemi di insonnia sono gli infermieri dei
pronti soccorsi e quelli delle terapie intensive, dove l’indispensabile
prontezza di riflessi che occorre in situazioni spesso a rischio per la
vita del paziente, rappresenta per l’infermiere un elevato accumulo di
stress psicologico che è difficile da smaltire e che lascia il segno,
privando il professionista della necessaria serenità per poter riposare
in modo adeguato.
I contenuti di questo report, continua De Palma, non possono non
condurci a riflettere sulla delicata realtà del nostro sistema sanitario
dove, tra turni massacranti, disorganizzazione e grave carenza di
personale, un infermiere di un pronto soccorso si ritrova anche a dover
gestire da solo, in determinate circostanze, fino a 20 pazienti in una
area triage.
Non aiutano certo le violenze e le aggressioni che sono all’ordine del
giorno: un infermiere che subisce nella sua carriera una o due violenze
fisiche, pensiamo a una giovane donna, può riportare traumi che si porta
dietro per lungo tempo, scorie psicologiche oltre che fisiche difficili
da smaltire.
Il lavoro su turni notturni è un fattore che influisce in modo
importante.
Gli infermieri che lavorano su turni prolungati hanno maggiori
probabilità di commettere errori terapeutici, lo sappiamo bene, abbiamo
lanciato più volte questo allarme, corrono il rischio di trascurare
segni o sintomi vitali o ancora aspetti importanti della cura del
paziente.
Non solo il sonno è utile per la salute mentale, ma è anche essenziale
per il funzionamento cognitivo. La mancanza di sonno può compromettere
la capacità di un infermiere di pensare chiaramente e prendere
decisioni, il che può essere pericoloso in un ambiente frenetico e ad
alta pressione. Inoltre, la privazione del sonno può avere un impatto
sulla capacità dell’infermiere di concentrarsi e ricordare informazioni
importanti, con il rischio di errori e sbagli di non poco conto.
Direttamente collegata con lo stress e l’insonnia c’è la sindrome di
burnout.
Uno studio correlato alla scarsa qualità del sonno degli infermieri, ci
rivela come la situazione a livello europeo è ancor più grave di quanto
i dati fin qui a nostra disposizione ci hanno raccontato, evidenziando,
come, fino al 69% degli infermieri europei ha sperimentato, almeno una
volta nel corso della propria carriera, il burnout infermieristico.
Solo una politica sanitaria costruita su basi organizzative solide, dice
ancora De Palma, può mettere nelle condizioni gli infermieri di
sopperire alle carenze di sonno e permettere loro di lavorare al meglio
delle proprie indubbie competenze, di cui la collettività non può fare a
meno.
Ed è per questo che il nostro sindacato, tra le recenti proposte inviate
al Governo, oggi inserisce un indispensabile congedo ordinario
aggiuntivo per il ristoro psico fisico degli infermieri e per tutte
quelle professioni sanitarie ad elevata responsabilità.
In Italia il 36% degli infermieri dichiara di voler lasciare il luogo di
lavoro entro 12 mesi; di questi il 33% dichiara di voler lasciare
addirittura la professione, dato che corrisponde a circa l’11% del
campione generale.
Le dimissioni volontarie che nel nostro sistema sanitario si registrano
a raffica, il clima di sfiducia che regna sovrano tra i professionisti,
con un’altissima percentuale di infermieri che se non l’ha già fatto,
sta comunque pensando di abbandonare la sanità pubblica, a vantaggio in
alcuni casi di una libera professione che consente di gestire meglio il
proprio tempo libero, gli affetti e la qualità della propria vita,
rappresentano lo specchio fedele di una professione che va
salvaguardata, ricostruita, tutelata, dal momento che siamo di fronte,
lo ripetiamo, ad una vera e propria piaga sociale che non può attendere
oltre per essere sanata», conclude De Palma.
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